Massimo Vanni: insostituibile Gargiulo

 

 

 

Come hai iniziato a fare cinema? Come stunt man, come cinema… Grazie a  tuo cugino Enzo  G. Castellari [1]?

 

La “fissa” per il cinema me l’ha data Giuliano Gemma, quando ero un ragazzino andavo a vedere tutti i suoi film, poi ero uno sportivo, mio padre mi ha “sbattuto” in palestra sin dalla tenera età. Giuliano Gemma mi piaceva  perché era molto atletico, ogni acrobazia nei film era la sua, senza controfigura. Io frequentavo una palestra dei ferrovieri a via Bari, a Roma. Era un palazzo unico, a pianoterra c’era la palestra, al piano di sopra c’era un cinema, il cinema “Italia”. Andavo a vedere i film con Gemma e poi scendevo giù a provarne le tecniche. Lì è cominciata la mia passione per il cinema.

 

Tu praticavi la ginnastica artistica?

 

Sì, poi ho fatto il militare nei vigili del fuoco, e  questa è una fatalità, Giuliano Gemma lo fece nei pompieri insieme a Nino Benvenuti, io insieme a un altro grande sportivo, Giorgio Cagnotto, il tuffatore. A parte gli scherzi, un giorno mio cugino doveva girare il film “La polizia incrimina la legge assolve [2]”, con Franco Nero, e c’erano i soliti tre cattivi del film, sai, gli antagonisti,  e il produttore, Amati, disse a Enzo:”Io non voglio vedere le solite facce da western! Non c’è una faccia nuova?”, erano tutte faccione, grosse…”Non c’hai una faccia da ragazzino?”. Enzo  pensò  a me e mi propose di seguirlo a Genova, sul set del film. Io, come liui attaccò il telefono, ero già sull’aereo. Poi ci fu “Il cittadino si ribella” [3], sempre con Enzo, particine che hanno ufficializzato il mio debutto.

 

Sei anche nel cast di Roma violenta

 

Sì, sempre con Enzo, ma in quel periodo, ‘72/73, Salvatore Samperi aveva appena finito “Malizia” e mi scelse per “Peccato veniale”. Un provino ch’è tutto un programma. Un mio amico di palestra m’ aveva detto che Samperi stava cercando un “tipo da spiaggia”,  molto atletico, che sapesse camminare sulle mani, che sapesse fare i salti mortali, un personaggio da spiaggia dell’epoca. Ce n’erano molti, più o meno bravi, ma ce n’erano. Il tipo doveva uscire dalla cabina, faceva le flessioni, rondate, “flic e flac”, salti mortali, insomma, tutto un repertorio tipico, poi si doveva mettere in verticale e camminare sulle mani. Quando andai a fare il provino c’erano tutti omaccioni che provenivano dai film di Ercole e Maciste, io sono piccolino, 1,71 e lui voleva giganti. Però, quando lui gli disse  quello che gli serviva, loro, così grossi, non sapevano fare niente di atletico. Arrivò il momento del mio provino e lui mi chiese:”Che sai fare?”, “Io ti posso fare un salto mortale da fermo!”, glielo feci, poi mi chiese se sapevo camminare sulle mani, feci qualche passo e fui preso. Poi con Enzo lavorai ne “Il giorno del Cobra” e ne “La via della droga”, del produttore Galliano Juso che, contemporaneamente, aveva fatto il primo film della serie di Nico Giraldi: “Squadra antiscippo”. E Gargiulo, in quel film, non ero io bensì Raf Luca…

 

Ma tu lo sai che avevano scelto Enzo Cannavale per la parte di Gargiulo?

 

Pensa te, non lo sapevo. Bè, insomma, con Juso feci anche “Il grande racket” e poi, non so se perché  Raf Luca era impegnato in qualcos’altro, o perché  aveva chiesto più soldi, propose a me la parte di Gargiulo.

 

Tu avevi già lavorato con Tomas Milian ne La banda del trucido

 

Sì, faccio Marchetti, l’aiutante di Luc Merenda. E  Tomas, personaggio molto estroverso nei film, ma introverso nella vita, un po’ difficile, chiuso, credo che mi abbia cominciato ad apprezzare proprio sul set di quel film, io sono sempre stato un tipo tranquillo, sempre al posto mio, e quando Tomas seppe ch’ero stato scelto per la parte di Gargiulo fu d’accordo. E la sua simpatia fu più tardi ancora più tangibile, lo vedevo che andava da Corbucci e gli diceva di farmi dire questa o quell’altra battuta. Scherzavamo spesso insieme. Poi a lui faceva molto piacere avere intorno sempre le stesse persone, per lui era come una famiglia. Sai, abbiamo fatto insieme circa dieci film… Ci capivamo tutti al volo. Tomas era un bel personaggio, un grandissimo attore, è inutile che te lo dica io, quello che ha fatto è così ampiamente documentato. Comunque, mi trovavo molto bene con lui.

 

Tu nei film con Tomas sei doppiato, vero?

 

Sì, sono doppiato, però parlavo bene  il napoletano, potevano lasciare benissimo la mia voce. Va bè, non c’è problema.

 

Ma era un doppiatore famoso quello che ti dava la voce?

 

Questo non lo so, può darsi, io non l’ho mai visto, essendo doppiato non andavo certo in sala di doppiaggio. Però, in qualche film, la voce è la mia.

 

Tu hai parlato di Juso, però, immagino che fu Corbucci a sceglierti per la parte di Gargiulo…

 

Sì, è chiaro, fu Bruno, anche insieme a Mario Amendola. E dopo il primo film io notai che il mio personaggio aumentava di spessore, come spazio, ogni tanto avevo il nome sul cartellone. Tutto ciò mi gratificava molto, io ho lavorato sempre molto ma, insomma, non sono l’ultimo arrivato, ma neanche una star. Forse è anche per questo motivo che sono stato sempre chiamato. Molti fanno quattro o cinque film da protagonista e poi chiudono, invece il mio livello medio mi permette di andare avanti.

 

Però hai lavorato con Scorsese, Fulci…

 

Quella è un’altra parentesi della mia vita, un’altra era. Verso la metà degli anni ’80, con Bruno Mattei, per varie produzioni della “Flora film”, partì una serie di film girati nelle Filippine, con una troupe ridotta, dodici o tredici persone, il direttore della fotografia, il primo macchinista…Gli altri li assumevano giù. Io mi ricordo che la prima volta partii, rimanemmo tre mesi e girammo ben tre film. Poi tornammo a Roma e ripartimmo per andare a girare “Zombi 3” con Lucio Fulci. Facemmo mezza dozzina di film, quasi tutti di guerra.

 

Che ricordo hai di Bruno Corbucci?

 

Una persona gagliardissima! Simpaticissima! Era una persona magica, anche rivedendo adesso l’interesse della gente per i  suoi film. Ma poi sul set ci si divertiva. Mi ricordo, per esempio, di Bombolo che veniva preso a schiaffi. “Pronti, motore, azione!”, arrivava Tomas e je dava du’ schiaffi, “Stop!” urlava Bruno. “Bruno, che c’è che non va?” chiedeva Tomas, “Si vede che lo schiaffo è finto, glielo devi dare più forte”, e allora interveniva Bombolo:”Tzè, tzè, come più forte!” e giù altri schiaffi, per almeno altre sei volte. Lo facevano apposta, si divertivano. Un giorno Bombolo, alla fine di una giornata di riprese, mi dice:”Ahò, a Vanni, li mortacci loro, io vado casa, mì moje vò li sordi e me pista come ll’uva; arriva mì fijo, vò li sordi, e me mena, vengo qui a lavorà e ‘sti du’ stronzi me pistano come ll’uva!”. C’era una bella atmosfera sul set. Bruno era gagliardo. Anche Amendola era simpatico, ogni tanto veniva anche lui sul set. Insieme erano due vulcani e, infatti, hanno scritto tante commedie divertenti. Due grandi del cinema comico.

 

Quanto guadagnavi a film?

 

Guadagnavo bene, ma, insomma, non certo in maniera tale da poter campare di rendita. All’ epoca, alla fine del film, potevi intascare una decina di milioni. Non erano grosse cifre. Le grosse cifre le prendeva Tomas Milian. Poi anche Bombolo, piano piano, ha cominciato a guadagnare. Io potevo avere sette, otto pose, una volta ne ebbi dodici, ma, insomma, non ero un nome quotato. Adesso si guadagna di più. Io sono qui a Sofia a girare un film su “Pompei”, c’è Tomas Arana, anche se fa dieci pose, è sempre Tomas Arana, magari guadagna più del protagonista. Poi c’è anche Tony Musante, anche lui guadagna bene. Una volta non era così, per piccole cose ti pagavano poco. Non era male ma non ti cambiava la vita. Un film durava dalle sette alle otto settimane e potevo guadagnare quello che una persona normale avrebbe guadagnato in sette od otto mesi, semmai in un anno.

 


 

[1] = Al secolo Enzo Girolami.

 

[2] = (1973)

 

[3] = (1974)

 

 

 … continua…

 

(Alberto Pallotta)