HERRERA Helenio
Era stato un mediocre calciatore e aveva appeso gli scarpini al chiodo
all’età di ventinove anni. Come allenatore aveva seduto sulla panchina
dell’Atletico di Madrid, del Barcellona, poi a Milano, alla guida
dell’Inter, un palmares di tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe
Intercontinentali. Quindi nella capitale. Il “mago” e le sue “tigri”. Nel
libro “La Roma, un sogno lungo quarant’anni”, di Ezio De Cesari, Herrera è
accusato di aver inventato, o comunque di aver rafforzato, la tesi, più che
altro una “storiella” di Mario Soldati ( strana coppia!), secondo la quale
la Roma sarebbe stata favorita dal Duce per la vittoria del suo primo
scudetto. In realtà, la famiglia Mussolini era laziale doc. Il “mago”, da
non confondersi col “mago dei poveri”, Oronzo Pugliese, anch’egli allenatore
della Roma prima di lui. Due maghi non fanno una “Maggica”, comunque… I due,
pur vincendo poco o niente, lanciarono parecchi giovani (Landini, Capello,
De Sisti, Sensibile…). La fama di Herrera è legata soprattutto ai trionfi di
quell’irripetibile Inter (Sarti, Burgnich, Mazzola, Facchetti…) negli anni
sessanta, della presidenza di Moratti padre. Herrera e Pugliese furono
personaggi saccheggiati in innumerevoli filmetti di serie B. Alvaro Marchini,
fresco di nomina, lo portò a Roma e gli pagò anche, in occasione della sua
seconda stagione sulla panchina giallorossa, un profumato ingaggio di ben
259 milioni (aveva riportato la Coppa Italia all’ombra del Colosseo, però la
squadra aveva chiuso il campionato all’ottavo posto). Troppi soldi, forse, e
scivolammo nel torneo successivo al dodicesimo posto. Il primo allenatore a
ottenere premi doppi rispetto ai giocatori. “Se la domenica l’Inter aveva
vinto, un noto negozio milanese regalava una cravatta a ogni giocatore. In
forza della sua clausola contrattuale, Herrera pretese due cravatte, non
occorre dire che le ottenne…” (Sandro Ciotti). Il “mago”, però, ebbe fieri
contrasti col suo presidente romanista, ricordiamo la sua indifferenza in
occasione della morte del povero Taccola, le accuse d’incompetenza nei
confronti della dirigenza, le richieste esose, le già citate allusioni
sull’aiuto del duce per la vittoria del primo scudetto, e fu cacciato. Poi
il conseguente, polemico articolo su “Il Messaggero”. Paradossalmente la sua
migliore annata: sesti! Al suo posto, dalla venticinquesima giornata, fu
messo Tessari. Fu riassunto e poi ricacciato da Anzalone. Personalità? Anche
troppa. Dopo un settimo posto (1971-72), rischiammo la serie B di brutto e
fu esonerato ancora, per Tonino Trebiciani, alla ventiquattresima giornata.
Giovanna Ralli lo definì “l’allenatore in scarica”. Una domenica fece
piangere Pierpaolo Pasolini, tifoso del Bologna, che su un settimanale
scrisse: “…Quella domenica il Bologna ha perso (ho l’impressione,
immeritatamente, con la Roma di Herrera) per due a uno. Che dolore! Che
dolore!…”. Helenito, suo figlio, sul quale avrebbe scommesso per
un’eventuale grande e longeva carriera calcistica, si allenava con la
primavera, ma preferiva il rock. (Alberto Pallotta e Angelo Olivieri) |
"MAGICA ROMA - storia dei 600 uomini giallorossi"