HERRERA Helenio
Buenos Aires (Argentina), 17.4.1916 – Venezia, 9.11.1997
Allenatore
Esordio in panchina: 29.9.1968–Roma – Fiorentina 1-2.


Stagione           Serie       Pres.   V.     P.     S.

1968 – 69           A           30    10    10     10
1969 – 70           A           30      8    12     10
1970 – 71           A           24      5    15       4
1971 – 72           A           30    13      9       8
1972 – 73           A           24      6      8     10

Totale                             138   42    54     42
 

Era stato un mediocre calciatore e aveva appeso gli scarpini al chiodo all’età di ventinove anni. Come allenatore aveva seduto sulla panchina dell’Atletico di Madrid, del Barcellona, poi a Milano, alla guida dell’Inter, un palmares di tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Quindi nella capitale. Il “mago” e le sue “tigri”. Nel libro “La Roma, un sogno lungo quarant’anni”, di Ezio De Cesari, Herrera è accusato di aver inventato, o comunque di aver rafforzato, la tesi, più che altro una “storiella” di Mario Soldati ( strana coppia!), secondo la quale la Roma sarebbe stata favorita dal Duce per la vittoria del suo primo scudetto. In realtà, la famiglia Mussolini era laziale doc. Il “mago”, da non confondersi col “mago dei poveri”, Oronzo Pugliese, anch’egli allenatore della Roma prima di lui. Due maghi non fanno una “Maggica”, comunque… I due, pur vincendo poco o niente, lanciarono parecchi giovani (Landini, Capello, De Sisti, Sensibile…). La fama di Herrera è legata soprattutto ai trionfi di quell’irripetibile Inter (Sarti, Burgnich, Mazzola, Facchetti…) negli anni sessanta, della presidenza di Moratti padre. Herrera e Pugliese furono personaggi saccheggiati in innumerevoli filmetti di serie B. Alvaro Marchini, fresco di nomina, lo portò a Roma e gli pagò anche, in occasione della sua seconda stagione sulla panchina giallorossa, un profumato ingaggio di ben 259 milioni (aveva riportato la Coppa Italia all’ombra del Colosseo, però la squadra aveva chiuso il campionato all’ottavo posto). Troppi soldi, forse, e scivolammo nel torneo successivo al dodicesimo posto. Il primo allenatore a ottenere premi doppi rispetto ai giocatori. “Se la domenica l’Inter aveva vinto, un noto negozio milanese regalava una cravatta a ogni giocatore. In forza della sua clausola contrattuale, Herrera pretese due cravatte, non occorre dire che le ottenne…” (Sandro Ciotti). Il “mago”, però, ebbe fieri contrasti col suo presidente romanista, ricordiamo la sua indifferenza in occasione della morte del povero Taccola, le accuse d’incompetenza nei confronti della dirigenza, le richieste esose, le già citate allusioni sull’aiuto del duce per la vittoria del primo scudetto, e fu cacciato. Poi il conseguente, polemico articolo su “Il Messaggero”. Paradossalmente la sua migliore annata: sesti! Al suo posto, dalla venticinquesima giornata, fu messo Tessari. Fu riassunto e poi ricacciato da Anzalone. Personalità? Anche troppa. Dopo un settimo posto (1971-72), rischiammo la serie B di brutto e fu esonerato ancora, per Tonino Trebiciani, alla ventiquattresima giornata. Giovanna Ralli lo definì “l’allenatore in scarica”. Una domenica fece piangere Pierpaolo Pasolini, tifoso del Bologna, che su un settimanale scrisse: “…Quella domenica il Bologna ha perso (ho l’impressione, immeritatamente, con la Roma di Herrera) per due a uno. Che dolore! Che dolore!…”. Helenito, suo figlio, sul quale avrebbe scommesso per un’eventuale grande e longeva carriera calcistica, si allenava con la primavera, ma preferiva il rock.

 

                                     (Alberto Pallotta e Angelo Olivieri)

 

 

"MAGICA ROMA - storia dei 600 uomini giallorossi"

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